Art. 16.
Facoltà di trasformazione in fondazioni delle università
1. In attuazione dell’articolo 33 della Costituzione, [Costituzione della Repubblica Italiana – art 33: L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. E` prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.]nel rispetto delle leggi vigenti e dell’autonomia didattica, scientifica, organizzativa e finanziaria, le Università pubbliche possono deliberare la propria trasformazione in fondazioni di diritto privato. La delibera di trasformazione e’ adottata dal Senato accademico a maggioranza assoluta ed e’ approvata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La trasformazione opera a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di adozione della delibera.
In attuazione dello stesso articolo della costituzione richiamato i privati hanno già la facoltà di istituire università, senza oneri per lo stato. La trasformazione in fondazioni di diritto privato pone un dualismo con gravi incognite giuridiche su molti aspetti della vita delle università
La maggioranza richiesta è, a nostro avviso comunque troppo bassa, trattandosi di uno stravolgimento dell’università stessa, sarebbe auspicabile una convergenza più ampia, almeno dei due terzi.
La delibera del solo Senato Accademico inibisce e deresponsabilizza l’importante ruolo svolto dai Consigli di Amministrazione all’interno dell’Università. È impensabile che una riforma riguardante così profondamente la trasformazione dell’università passi senza il parere di un organo che riveste, anche tecnicamente, un ruolo così pregnante.
2. Le fondazioni universitarie subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell’Università. Al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie e’ trasferita, con decreto dell’Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate.
Il fatto che le fondazioni subentrino nei rapporti attivi include anche le tasse universitarie, il cui importo sarà quindi determinato dai nuovi organismi previsti dallo statuto della fondazione, il quale può anche non prevedere la presenza di studenti. Trattandosi di istituti di diritto privato non sussiste più il limite legale delle tasse pari al 20% dell’FFO (fondo di finanziamento ordinario) e raggiungere quindi qualunque cifra.
3. Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse.
L’esenzione da tasse e imposte crea di fatto una zona franca per quanti hanno intenzione di speculare sulle proprietà dell’università.
4. Le fondazioni universitarie sono enti non commerciali e perseguono i propri scopi secondo le modalità consentite dalla loro natura giuridica e operano nel rispetto dei principi di economicità della gestione. Non e’ ammessa in ogni caso la distribuzione di utili, in qualsiasi forma. Eventuali proventi, rendite o altri utili derivanti dallo svolgimento delle attività previste dagli statuti delle fondazioni universitarie sono destinati interamente al perseguimento degli scopi delle medesime.
L’inserimento del principio dell’economicità della gestione cozza con il principio stesso dell’insegnamento che, in quanto bene immateriale non può essere valutato economicamente, salvo che svilendone il significato stesso.
5. I trasferimenti a titolo di contributo o di liberalità a favore delle fondazioni universitarie sono esenti da tasse e imposte indirette e da diritti dovuti a qualunque altro titolo e sono interamente deducibili dal reddito del soggetto erogante. Gli onorari notarili relativi agli atti di donazione a favore delle fondazioni universitarie sono ridotti del 90 per cento.
6. Contestualmente alla delibera di trasformazione vengono adottati lo statuto e i regolamenti di amministrazione e di contabilità delle fondazioni universitarie, i quali devono essere approvati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Lo statuto può prevedere l’ingresso nella fondazione universitaria di nuovi soggetti, pubblici o privati.
I nuovi statuti adottati possono escludere completamente o in parte la presenza della rappresentanza studentesca all’interno degli organi.
7. Le fondazioni universitarie adottano un regolamento di Ateneo per l’amministrazione, la finanza e la contabilità, anche in deroga alle norme dell’ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, fermo restando il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
8. Le fondazioni universitarie hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile, nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo.
9. La gestione economico-finanziaria delle fondazioni universitarie assicura l’equilibrio di bilancio. Il bilancio viene redatto con periodicità annuale. Resta fermo il sistema di finanziamento pubblico; a tal fine, costituisce elemento di valutazione, a fini perequativi, l’entità dei finanziamenti privati di ciascuna fondazione.
Viene prevista uno speciale fine di de finanziamento per gli atenei. La valutazione dell’entità dei finanziamenti privati è stata inserita per permettere allo stato di ridurre i finanziamenti a quegli atenei che disporranno di capitali privati. Tale norma, messa in raffronto sistematico con i tagli che l’università subirà nel quinquennio 2009-2013 fa presumere che il denaro non più destinato alle università trasformatesi in fondazioni non sarà destinato alle università che non si sono trasformate in fondazioni.
10. La vigilanza sulle fondazioni universitarie e’ esercitata dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Nei collegi dei sindaci delle fondazioni universitarie e’ assicurata la presenza dei rappresentanti delle Amministrazioni vigilanti.
11. La Corte dei conti esercita il controllo sulle fondazioni universitarie secondo le modalità previste dalla legge 21 marzo 1958, n. 259 e riferisce annualmente al Parlamento.
12. In caso di gravi violazioni di legge afferenti alla corretta gestione della fondazione universitaria da parte degli organi di amministrazione o di rappresentanza, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca nomina un Commissario straordinario, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con il compito di salvaguardare la corretta gestione dell’ente ed entro sei mesi da tale nomina procede alla nomina dei nuovi amministratori dell’ente medesimo, secondo quanto previsto dallo statuto.
13. Fino alla stipulazione del primo contratto collettivo di lavoro, al personale amministrativo delle fondazioni universitarie si applica il trattamento economico e giuridico vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Si chiarisce come il personale tecnico e amministrativo delle fondazioni universitarie non sarà più personale statele, al quale si applica il contratto collettivo statale ma passerà a lavoro privato, secondo contratti collettivi di categoria. Il vecchio contratto sarà mantenuto solo fino alla stipula del nuovo, con conseguenze che non è possibile prevedere.
L’assenza di una previsione specifica per i docenti fa ritenere che continueranno ad avere un contratto di lavoro pubblico e ad essere quindi dipendenti pubblici stipendiati dallo stato. Ma la trasformazione in Fondazioni permetterebbe di affiancare ai docenti reclutati tramite concorso, docenti scelti dai privati senza la necessità di una selezione pubblica o meritocratica, facendo posto alla possibilità di un nepotismo fin troppo presente nella nostra nazione.
14. Alle fondazioni universitarie continuano ad applicarsi tutte le disposizioni vigenti per le Università statali in quanto compatibili con il presente articolo e con la natura privatistica delle fondazioni medesime.
Appare chiaro da questo articolo l’intenzione di voler, nel lungo periodo, smettere di impegnarsi nella spesa per la formazione universitaria, con l’obiettivo di scorporarla dai conti pubblici. L’assenza della previsione di una delibera di trasformazione da parte dei Consigli di Amministrazione degli Atenei, le varie agevolazioni tributarie, il de finanziamento degli Atenei trasformatisi in fondazioni, altro non sono che l’esortazione ad un processo di privatizzazione dell’intera Università italiana. Nel lungo periodo questo processo condurrà le università a diventare da un lato poli di eccellenza laddove un privato abbia la volontà di investire, a discapito della libertà della ricerca, che rivestirà non più gli ambiti ritenuti idonei dalle università, ma solo quelli che permettono un profitto immediato secondo il criterio del profitto al quale un investitore privato, legittimamente, si ispira e del libero accesso, dato che questi atenei avranno prevedibilmente numeri limitati e rette altissime (20.000 – 30.000 € all’anno). Prendendo in considerazione in maniera particolare l’aspetto della ricerca, è plausibile che gli investitori indirizzeranno quest’ultima, grazie al peso che rivestiranno negli organi di governo delle Università, verso la ricerca applicata in alcune facoltà, tralasciando sia la ricerca di base che la ricerca di intere branche che non portano ad alcun profitto.
Dall’altro lato assisteremo invece o alla chiusura di molti atenei, o alla loro trasformazione in università di serie B dove la didattica è scadente a causa del basso numero di docenti e della loro qualità inferiore, poiché i docenti più preparati saranno attratti dalle università che possono pagarli di più, e i titoli che emetteranno non potranno essere quindi paragonati a quelli delle università “superiori” creando quindi laureati di serie B. Si va dunque verso una nuova divisione per classi della popolazione, da una parte coloro che possono permettersi una istruzione e dall’altra coloro che non hanno questa possibilità.
Non possiamo inoltre sorvolare sulla possibilità, esistente in tutte le zone del Paese, che associazioni malavitose possano sfruttare questa possibilità per prendere il controllo della formazione dei giovani, con inoltre la possibilità di riciclare il denaro proveniente da attività illecite. La facoltà di inserirsi nel processo di formazione e di ottenere la disponibilità delle proprietà degli Atenei apre una crepa anche nella guerra all’attività criminale organizzata.
Art. 66.
Turn over
1. Le amministrazioni di cui al presente articolo provvedono, entro il 31 dicembre 2008 a rideterminare la programmazione triennale del fabbisogno di personale in relazione alle misure di razionalizzazione, di riduzione delle dotazioni organiche e di contenimento delle assunzioni previste dal presente decreto.
[omissis…]
7. Il comma 102 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e’ sostituito dal seguente: «Per gli anni 2010 e 2011, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 523 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità cessate nell’anno precedente.
[omissis…]
9. Per l’anno 2012, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 523 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere il 50 per cento delle unità cessate nell’anno precedente.
[omissis…]
13. Le disposizioni di cui al comma 7 trovano applicazione, per il triennio 2009-2011 fermi restando i limiti di cui all’articolo 1, comma 105 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nei confronti del personale delle università. Nei limiti previsti dal presente comma e’ compreso, per l’anno 2009, anche il personale oggetto di procedure di stabilizzazione in possesso degli specifici requisiti previsti dalla normativa vigente. Nei confronti delle università per l’anno 2012 si applica quanto disposto dal comma 9. Le limitazioni di cui al presente comma non si applicano alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette. In relazione a quanto previsto dal presente comma, l’autorizzazione legislativa di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1993, n. 537, concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle università, e’ ridotta di 63,5 milioni di euro per l’anno 2009, di 190 milioni di euro per l’anno 2010, di 316 milioni di euro per l’anno 2011, di 417 milioni di euro per l’anno 2012 e di 455 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013.
[omissis…]
L’articolo in questione trova il suo punto focale nell’articolo 13 che è opportuno trattare scindendolo in due parti. Nella prima, in cui si fa riferimento al comma 7 per estendere il contenuto della norma al personale assunto a tempo indeterminato ed anticipare tale trattamento al 2009, si pone un limite al turn-over all’interno delle università pari al 20%. Questo significa che gli Atenei potranno compiere nuove assunzioni solamente per un numero pari al 20% dei pensionamenti. Tali assunzioni dovranno inoltre essere valutate numericamente e non economicamente, quindi indipendentemente dallo stipendio di chi va in pensione e di quello che lo sostituisce. Solamente per l’anno 1012 questo limite viene innalzato al 50%.
Quanto previsto comporta una molteplicità di conseguenze. Dal punto di vista del turn-over del personale docente, crea una crisi per quanto riguarda la didattica poiché un numero minore di professori dovrà occuparsi di un numero crescente di insegnamenti, spesso anche in modo non completamente competente, poiché se per ogni 5 professori se ne può assumere uno solo, se coloro che vanno in pensione appartengono a branche diverse, non è possibile sostituirli, creando dei vuoti nelle varie materie. I pochi professori rimasti quindi dovranno occuparsi anche di materie di cui non sono esperti e tutto il tempo a loro disposizione dovrà essere impegnato nella didattica, a scapito della ricerca.
Una ulteriore considerazione da compiere riguarda il rapporto tra il numero dei docenti e il numero degli studenti, che la legge 544 del 2007 fissa in maniera perentoria. Questo significa che con la riduzione del numero dei docenti non sarà possibile accettare tutti gli studenti che intendono iscriversi alle università, e da qui la possibilità che avranno le facoltà di ricorrere al numero chiuso, la cui unica alternativa sarebbe la chiusura dei corsi. A causa del blocco del turn-over al 20% assisteremo quindi alla proliferazione del numero chiuso, inteso come adattamento degli studenti alle strutture esistenti, e quindi al mancato rispetto del diritto costituzionalmente garantito (art 34 Cost.) di raggiungere i gradi più alti dello studio.
Dal punto di vista del personale tecnico ed amministrativo, la riduzione dello stesso porterà dapprima alla riduzione della possibilità di usufruire di servizi quali biblioteche e laboratori, e, nel medio periodo, nella chiusura di molti degli stessi, ancora una volta a discapito della didattica e dalla possibilità di apprendimento degli studenti.
La seconda parte del comma 13 articola dettagliatamente i tagli al fondo di finanziamento ordinario (FFO), ovvero la principale fonte di entrata per le Università statali, seguita dalle tasse pagate dagli studenti , che normalmente copre gli stipendi del personale docente, dei ricercatori, del personale tecnico e amministrativo, nonché la manutenzione dei plessi universitari e delle strutture di laboratorio. Un taglio complessivo in 5 anni di 1.441.500.000 € non potrà fare altro che3 rendere ulteriormente più scadenti le università italiane, che, se vorranno continuare a pagare stipendi e manutenzione non potranno fare altro che rivalersi sulla contribuzione studentesca. Fino a questo momento la legge prevedeva un tetto alla quantità di tasse che le università potevano chiedere agli studenti pari al 20% del FFO. La decurtazione di una cifra così elevata obbligherà molti atenei a non considerare più il limite posto, mentre tale limite non costituirà più un problema per quelle università che si trasformeranno in fondazioni.
Ultima considerazione di metodo è quella che concerne l’iter di approvazione della presente legge, adottata tramite decreto legge (in assenza dei richiesti requisiti di necessità e urgenza) e poi convertita in legge ponendo la questione di fiducia, senza permettere dunque una dialettica parlamentare, che formalmente dovrebbe essere l’organo legislativo del nostro paese. (Cfr resoconti parlamentari seduta n°47 di lunedì 4 agosto 2008) in un periodo in cui l’attenzione dell’opinione pubblica era chiaramente bassa.